La prostata è una piccola ghiandola che fa parte dell’apparato genitale maschile. In un uomo adulto la prostata misura dai tre ai cinque centimetri e pesa circa 10-20 grammi. È localizzata nella pelvi, al di sotto della vescica e anteriormente al retto. Circonda la porzione iniziale dell’uretra ed è rivestita da tessuto muscolare e da una capsula fibrosa. L’ultimo tratto dell’intestino, il retto, è situato in prossimità della porzione posteriore della prostata. Vicino alla prostata sono localizzati anche alcuni linfonodi, che fanno parte del sistema linfatico.
La prostata è costituita da una parte ghiandolare, contenente molte piccole ghiandole che secernono un liquido biancastro piuttosto denso, il secreto prostatico, che si mescola con quello proveniente dalle vescicole seminali e con gli spermatozoi per costituire il liquido seminale. Tra le componenti di questo liquido vi è anche una proteina detta Antigene Prostatico Specifico o PSA che è presente e misurabile nel sangue, e rappresenta un parametro che, quando elevato, è indice di un carcinoma prostatico. Oltre alla parte ghiandolare vi è anche una parte muscolare.
La crescita e la funzione della prostata dipendono dagli ormoni sessuali maschili, gli androgeni, che comprendono il testosterone, prodotto dai testicoli, il diidroepiandrosterone, prodotto dalle ghiandole surrenali, ed il diidrotestosterone, prodotto dalla prostata stessa.
Con lo sviluppo corporeo, la prostata aumenta progressivamente di dimensioni fino a raggiungere la completa funzione intorno all’età di trenta anni. Il suo volume poi rimane invariato fino ai quaranta, dopodichè aumenta nuovamente, in modo lento, fino ai 70-80 anni.
La prostata è sede di malattie infiammatorie (Prostatiti), ingrossamento benigno (Ipertrofia Prostatica benigna, I.P.B), o Adenomatosi Prostatica e Tumori maligni (Adenocarcinoma Prostatico), ed a causa della sua posizione, queste malattie spesso interferiscono con la minzione, l’eiaculazione o la defecazione.
I tumori si possono sviluppare soprattutto nella parte ghiandolare e a seconda dello sviluppo possono rimanere confinati all’interno della ghiandola o fuoriuscire dalla stessa interessando gli organi circostanti.
Il carcinoma prostatico sta diventando nei paesi occidentali una delle neoplasie più frequenti tra i maschi. Ad oggi infatti rappresenta una delle neoplasia più comunemente diagnosticate, costituendo il 10% circa di tutti i tumori di nuova diagnosi nell’uomo, in tutto il mondo. In seguito alla diffusione e all’affinamento delle metodiche diagnostiche, negli ultimi dieci anni, il tasso di incidenza del carcinoma della prostata è sensibilmente aumentato: nel periodo 1998-2002 è stato il secondo tumore più frequentemente diagnosticato nel sesso maschile e la mortalità ha registrato un lieve trend verso la riduzione. Gli indici di mortalità per tumore prostatico nel mondo sono i seguenti:
In Italia vengono diagnosticati circa 23.000 nuovi casi ogni anno mentre nel 2002 si sono verificati più di sette mila decessi per tumore della prostata. I tassi di incidenza variano considerevolmente nel nostro paese con i valori più bassi nelle aree del Meridione, probabilmente a causa di una diversa diffusione sul territorio nazionale dell’utilizzo del test dell’antigene prostatico specifico (PSA). Circa il 75% dei nuovi casi di tumore alla prostata ha un’età superiore ai 65 anni. Tuttavia negli ultimi 20-30 anni, l’incidenza è aumentata significativamente negli uomini di età compresa tra 50 e 59 anni.
Il tumore della prostata è classificato come Adenocarcinoma, o Tumore ghiandolare, ed ha inizio quando le normali cellule secernenti vanno incontro a mutazione. La regione dell’organo in cui il tumore è più frequente è la zona periferica. Inizialmente piccoli gruppi di cellule tumorali restano confinati localmente, condizione nota come Carcinoma in situ o Neoplasia Prostatica Intraepiteliale (PIN). Sebbene non ci sia prova che una PIN sia precursore dell’adenocarcinoma, vi è comunque una stretta correlazione. Col passare del tempo queste cellule iniziano a moltiplicarsi e a diffondersi nel tessuto prostatico circostante (lo stroma). È possibile che il tumore cresca abbastanza da invadere organi circostanti come le vescicole seminali o il retto; le cellule tumorali possono anche sviluppare la capacità di viaggiare nel flusso ematico e nel sistema linfatico. L’adenocarcinoma prostatico infatti è considerato un tumore maligno per la sua potenziale invasività, ossia la capacità di dare luogo a metastasi, soprattutto a livello delle ossa, dei linfonodi, del retto e della vescica.
Un tumore della prostata in fase precoce di solito non dà luogo a sintomi. Spesso viene diagnosticato in seguito al riscontro di un livello elevato di PSA durante un controllo di routine. Talvolta, tuttavia, il carcinoma causa dei problemi, spesso simili a quelli che intervengono nella Ipertrofia Prostatica Benigna, come pollachiuria, nicturia, difficoltà ad iniziare la minzione ed a mantenere un getto costante, ematuria, stranguria. Può anche causare problemi nella funzione sessuale, come difficoltà a raggiungere l’erezione, ed eiaculazione dolorosa. Nello stadio avanzato può causare ulteriori sintomi quando si diffonde ad altre zone del corpo. Il sintomo più comune è il dolore osseo, spesso localizzato alle vertebre, alla pelvi o alle costole, causato da metastasi in queste sedi. La localizzazione vertebrale può indurre compressione al midollo spinale, causando debolezza alle gambe e incontinenza urinaria e fecale.
I fattori causali del tumore alla prostata rimangono ancora sconosciuti anche se nel corso degli ultimi anni importanti conquiste sono state conseguite nell’ambito della ricerca molecolare.
Si ritiene tuttavia che vi siano numerose concause o fattori di rischio che interagiscono per sviluppare la patologia. Fra i fattori di rischio per lo sviluppo di un tumore alla prostata, i più riconosciuti sono sicuramente la genetica, l’età, la razza, le abitudini alimentari, lo stile di vita e l’assunzione di farmaci.
Il corredo genetico di un uomo contribuisce al rischio di sviluppare il tumore, dal momento che è stato osservato un aumento dell’incidenza in certi gruppi razziali, nei gemelli identici, e in uomini portatori di certi geni, responsabile circa di un 9% dell’insorgenza di carcinomi prostatici. Si stima infatti che la presenza di un parente di primo grado affetto da tumore prostatico aumenta il rischio da 2 a 3 volte. Due o più parenti di primo grado malati aumentano il rischio da 5 a 11 volte. Queste associazioni tra familiarità e tumore prostatico indicano il ruolo di fattori genetici nell’insorgenza del tumore. Tuttavia non è stato ancora identificato un gene ben definito o un’area cromosomica responsabile di queste forme ereditarie di tumore prostatico. Sono anzi sospettati molti geni differenti, tra cui i geni BRCA1 e BRCA2, che sono anche implicati nello sviluppo del tumore all’ovaio e del tumore alla mammella.
L’incidenza del carcinoma della prostata aumenta progressivamente con l’età, è raro negli uomini al di sotto dei 45 anni, ma diventa più frequenze con l’avanzare dell’età. Infatti l’età media della diagnosi è di 70 anni, tant’è che il 50% dei casi è scontrato nei soggetti di età superiore ai 70 anni.
Negli Stati Uniti, il cancro della prostata colpisce più comunemente gli uomini di colore che non i bianchi o gli ispanici, e nei primi causa anche più morti. Il rischio quindi è elevato negli afroamericani ed è ridotto nelle popolazioni dell’estremo oriente.
L’assunzione con la dieta di certi cibi, vitamine e minerali può contribuire all’insorgenza della patologia. Gli uomini con maggiori livelli sierici di acido linolenico, un acido grasso poliinsaturo a catena corta, sono a maggior rischio di tumore della prostata. Tuttavia gli stessi studi dimostrarono che livelli elevati di acidi grassi a catena lunga (EPA e DHA) diminuiscono l’incidenza. Altri fattori dietetici in grado di aumentare il rischio includono un basso apporto di vitamina E (presente negli oli vegetali), di licopene (presente nei pomodori), di acidi grassi omega-3 (presenti nei nei pesci a carne grassa come il salmone), e di selenio. Anche bassi livelli ematici di vitamina D possono aumentare il rischio di sviluppare un tumore; ciò può essere correlato ad una minore esposizione ai raggi solari. Le diete quindi dei paesi occidentali, ad elevato valore energetico, ricche di proteine, calcio e grassi animali favoriscono lo sviluppo di questa neoplasia.
L’assunzione di alcuni farmaci, alcune condizioni mediche e variazioni ormonali costituiscono dei fattori di rischio. Ad esempio l’utilizzo costante di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), e probabilmente anche i farmaci ipolipidemizzanti, come le statine, possono ridurre il rischio. Eiaculazioni più frequenti possono abbassare il rischio: uno studio recente ha infatti mostrato che gli uomini che eiaculano cinque volte a settimana, dai venti a trent’anni di età, vedono ridotto il rischio di sviluppare questo tumore. Un’infezione o un’infiammazione della prostata (prostatite) possono aumentare le probabilità di sviluppare il tumore. In particolare, infezioni sessualmente trasmesse come la clamidia, la gonorrea, e la sifilide sembrano aumentare il rischio, come pure l’obesità ed elevati livelli ematici di testosterone e degli ormoni sessuali maschili, che producono una iperstimolazione della ghiandola prostatica.
Di sicuro l’obiettivo primario della prevenzione del tumore prostatico è rappresentato dal check-up prostatico annuale e quindi dalla diagnosi precoce per identificare il cancro in una fase in cui il tumore non provoca sintomi urinari, è confinato alla ghiandola e i risultati della terapia chirurgica, ormonale, radioterapia sono molto favorevoli: infatti la sopravvivenza media supera, in questi casi, i 15 anni. Questo tipo di prevenzione può influenzare notevolmente il decorso della malattia e consente in alcuni casi anche la completa guarigione dalla malattia. Al momento però, senza programmi di prevenzione precoce, la diagnosi è spesso tardiva e nella maggior parte dei pazienti giunti alla diagnosi, la neoplasia ha un’estensione extracapsulare, o è gia in fase metastatica. In questi casi la prognosi è infausta e la sopravvivenza è di circa 30 mesi o meno.
Un altro modo di intervenire è rappresentato dalla modificazione dei fattori di rischio conosciuti, in modo da ridurre notevolmente il rischio di insorgenza del carcinoma prostatico. Pertanto uno stile di vita adeguato, diete a basso contenuto di grassi animali, ricche di fitoestrogeni, frutta, verdure e licopene, di alcune vitamine (come la vitamina E) e di selenio possono contribuire a ridurre il rischio di insorgenza del tumore prostatico.