Osteoartrosi

Incidenza

L’Osteoartrosi (OA) è una delle patologie più diffuse al mondo, la cui frequenza aumenta progressivamente con il progredire dell’età, anche se i meccanismi per cui si verifica tale correlazione non sono ancora del tutto chiari. Colpisce infatti l’80% delle persone con più di 65 anni e rappresenta pertanto la causa più frequente di disabilità.

Secondo studi di osservazione sulla popolazione, il 52% degli adulti, nelle nazioni occidentali, hanno un minimo o un maggiore cambiamento radiologico di OA nelle mani, nei piedi o in entrambi con condizioni di OA da moderata a grave per un ulteriore 21%. Comunque da studi condotti su molte popolazioni risulta chiaro che oltre il 50% degli individui che mostrano cambiamenti radiografici, non hanno sintomi.
L’OA colpisce tutte le popolazioni indipendentemente dalla razza, dalla posizione geografica o dal clima. Tuttavia l’andamento della malattia può variare in diversi gruppi etnici. Per esempio la malattia dell’anca è meno comune nei soggetti di origine cinese e/o asiatica rispetto a quelli di origine occidentale.

Cause e fattori di rischio

Questa patologia insorge quando una o più cause associate tra di loro innescano una lenta, progressiva e irreversibile alterazione delle strutture portanti dell’articolazione, in particolare cartilagine e osso subcondrale.

Ci sono diversi fattori di rischio che possono contribuire all’insorgenza di questa patologia e si dividono in:

Molti fattori sembrano essere associati all’inizio del processo patologico, mentre altri sono coinvolti nella progressione della patologia.

Fisiopatologia dell’Osteoartrosi

L’osteoartrosi si manifesta inizialmente con lesioni involutive delle articolazioni (perdita della cartilagine che riveste i capi articolari) causate da differenti fattori e dall’attività di enzimi che attaccano la cartilagine attraverso un processo metabolicamente attivo che coinvolge tutte le strutture della cartilagine. Durante le prime fasi della patologia predominano i processi riparativi anabolici, che vanno a compensare i danni alla cartilagine, mentre successivamente l’equilibrio si ribalta a favore dei processi catabolici degenerativi.

La prima alterazione che può essere rilevata è la perdita dell’elasticità. La cartilagine si ammorbidisce e la sua superficie assume un aspetto irregolare e frastagliato chiamato fibrillazione. Queste modifiche si riflettono poi in una perdita di matrice cartilaginea che causa un maggiore attrito quando le superfici dell’articolazione sfregano l’una contro l’altra durante il movimento. Questo attrito a sua volta può portare alla formazione di crepe che sono il primo passo verso la distruzione totale in quell’area. Quando la cartilagine si disgrega completamente su entrambe le superfici, si ha lo sfregamento delle ossa durante il movimento che determina notevole dolore e limitazione funzionale. Il deterioramento della cartilagine nella parte finale delle ossa provoca inoltre un indebolimento dei muscoli, dei tendini e dei legamenti che sostengono l’articolazione. I condrociti, le cellule che producono il tessuto cartilagineo, diminuiscono e i detriti che si formano per la degenerazione del tessuto vengono fagocitati dagli osteoclasti, che rilasciano sostanze che inducono un’infiammazione locale che va ulteriormente a danneggiare la cartilagine fino alla totale scomparsa. Si hanno quindi modificazioni del tessuto osseo circostante, osteofitosi periarticolari (generazione di osteofiti, sperono ossei ed escrescenze ossee anomale), distrofie, sclerolipomatosi periarticolari. Il processo può essere accelerato da sovrappeso, lesioni articolari, dieta inadeguata e scarso o inadeguato esercizio fisico. La cartilagine non avendo vasi sanguigni, viene normalmente nutrita dal liquido sinoviale prodotto dalla membrana sinoviale, il rivestimento interno della capsula articolare, altamente vascolarizzato. In corso di OA si può avere ispessimento e infiammazione della membrana sinoviale con aumento della produzione di questo liquido che può provocare gonfiore all’articolazione. Questo liquido risulta essere più diluito e meno viscoso e ricco di frammenti di cartilagine decomposta e di molecole che promuovono l’infiammazione stessa, le quali costituiscono veri e propri marker biologici del processo patologico in atto.

Quadro clinico

Il quadro clinico dell’artrosi si caratterizza per il suo polimorfismo. Dolore, limitazione funzionale e rigidità mattutina sono le manifestazioni cliniche più caratteristiche. La comparsa di episodi di infiammazione acuta può poi costituire la conseguenza di microtraumi, sovraccarico funzionale e/o di una concomitante patologia da microcristalli (es. gotta). L’artrosi affiora all’evidenza clinica quando compare il dolore che inizialmente è lieve, più frequente nelle ore che seguono il risveglio (causa immobilità) e in quelle che precedono il riposo (causa affaticamento articolare). Il dolore non deriva dall’articolazione, che è priva di terminazioni nervose, ma dall’infiammazione della membrana sinoviale, da stiramenti dei legamenti e della capsula, da microfratture ossee ecc. I sintomi si acuiscono con il progredire della malattia, provocando sofferenza ininterrotta e riduzione o inibizione delle capacità motorie. Nelle fasi iniziali della malattia la limitazione funzionale è strettamente legata al dolore e il conseguente grado di disabilità assume particolare rilievo quando vengono colpite le articolazioni portanti (anca e ginocchio). La rigidità mattutina è generalmente di breve durata ed è caratterizzata da una sensazione di cedimento e di insicurezza all’inizio del movimento dopo un periodo più o meno prolungato di riposo, tipica espressione dell’artrosi delle articolazioni portanti.

Localizzazione dell’osteoartrosi

Le sedi articolari che possono essere compromesse dall’OA sono molteplici. In generale sembra che, in rapporto all’età alcune articolazioni siano colpite con particolare frequenza. Sotto i 30 anni è precocemente interessata la colonna vertebrale; dopo i 30 anni è maggiormente interessata l’articolazione del ginocchio; dopo i 40 anni risultano maggiormente interessate le articolazioni della mano, dell’anca e del piede.

  • Ginocchio (Gonartrosi)

    È la regione maggiormente interessata da OA a causa del carico a cui è sottoposta l’articolazione. Il ginocchio diventa rigido, tumefatto e dolente rendendo difficile la deambulazione. Se non trattata può portare a disabilità. Nei casi più gravi si ricorre alla sostituzione protesica.

  • Anca (Coxartrosi)

    Causa dolore (anca, inguine, gluteo, ginocchio e superficie interna della coscia) rigidità e disabilità severa. Quando il dolore diventa insopportabile e non alleviato con altri metodi si ricorre alla sostituzione protesica.

  • Spalla (Artrosi scapolo-omerale)

    Colpisce per lo più la popolazione anziana. Causa dolore all’articolazione interessata e alla muscolatura più intenso al mattino, che si attenua durante il riposo. La funzionalità è comunque limitata.

  • Mano (Rizartrosi)

    Sembra essere correlata con fattori ereditari. Colpisce più uomini che donne soprattutto dopo la menopausa. Si formano piccole protuberanze o noduli alle estremità delle dita che causano dolore e rigidità.

  • Colonna vertebrale (Spondilartrosi)

    Causa rigidità e dolore al collo o alla zona lombare, accompagnate da stanchezza e intorpidimento di braccia e gambe. Nei casi più gravi si ricorre alla chirurgia per ripristinare la funzionalità.

Diagnosi precoce

Generalmente viene dedicata scarsa attenzione alla diagnosi precoce di osteoartrosi e all’individuazione delle condizioni preartrosiche che possono manifestarsi molti anni prima della patologia vera e propria attraverso l’individuazione di una sintomatologia ben definita (ipotonia muscolare, lassità dolorosa, alterazioni tendinee, facile affaticabilità, sovraccarico ponderale, mialgie diffuse ecc.). Persiste cioè l’attitudine di accettare l’artrosi come un’espressione quasi scontata e inevitabile dell’invecchiamento. Nel caso di interessamento delle articolazioni portanti però sarebbe opportuno che la diagnosi precoce diventasse un obiettivo primario per il medico e per il paziente al fine di mettere a punto delle strategie di prevenzione la cui efficacia è ovviamente subordinata alla tempestività della loro adozione.
La diagnosi di artrosi si basa in ogni caso sulla contemporanea presenza di espressioni cliniche e radiologiche indicative della patologia. Finora infatti non sono riscontrabili anomalie dei dati di laboratorio utili ai fini diagnostici per il monitoraggio della patologia.

Mezzi diagnostici

I principali mezzi diagnostici rimangono quindi:

  • Esame radiologico

    È in grado di mettere in evidenza a livello delle articolazioni colpite le principali espressioni del processo artrosico (restringimento della rima articolare, presenza di osteofiti, osteoclerosi subcondrale, geoidi ecc.)

  • Ecografia articolare

    Una metodica capace di fornire informazioni utili ai fini della diagnosi precoce e per il monitoraggio dell’evoluzione dell’artrosi

  • Impiego di sonde ad alta frequenza

    Consentono un’attendibile esplorazione della cartilagine articolare

  • Scintigrafia ossea

    Si colloca al primo posto perché può fornire quadri diversi a livello di una stessa articolazione

  • Termografia

    Può risultare utile per svelare la presenza di una sinovite

  • Artroscopia

    Può fornire un utile contributo per la diagnosi di Osteoartrosi

  • Risonanza Magnetica

    Consente un’accurata valutazione dello stato della cartilagine articolare che appare come una fine linea iperdensa, ma risulta una procedura ancora poco utilizzata anche per gli alti costi

Trattamento

Attualmente non esiste un metodo per curare o arrestare la progressione della patologia osteoartosica. Tuttavia la soluzione più efficace è un approccio multidisciplinare che ha lo scopo di controllare il dolore, migliorare la funzionalità articolare e la qualità di vita del paziente, cercando di contenere il più possibile gli effetti collaterali causati dal trattamento stesso.
In generale il trattamento varia in relazione all’articolazione interessata e allo stadio raggiunto dalla patologia.

Trattamento farmacologico


  • FANS, COX-2 e Paracetamolo

    Spesso utilizzati come antinfiammatori e per ridurre il dolore. Rappresentano un valido strumento per il trattamento sintomatico dell’osteoartrosi in quanto riducono il dolore, facilitano il movimento e riducono la progressione dei danni, ma vanno utilizzati con cautela a causa dello loro scarsa tollerabilità.

  • Estrogeni

    È stato osservato che nelle donne che hanno fatto uso di estrogeni per via orale come terapia ormonale sostitutiva diminuisce il rischio di sviluppare OA. Sono però necessari ulteriori studi per confermare ciò.

  • Iniezioni intra-articolari (acido ialuronico, corticosteroidi)

    Rappresentano un metodo efficace per il trattamento della patologia osteoartrosica per il potenziamento in loco dell’azione farmacologica diminuendo gli effetti indesiderati, tuttavia non tutte le articolazioni sono semplici da infiltrare. Per molti pazienti costituisce un’interessante alternativa al trattamento farmacologico o chirurgico, in particolari nei soggetti ad elevato rischio di effetti collaterali all’uso di FANS o nei quali è controindicato l’intervento chirurgico.

Trattamento non tradizionale


  • Agopuntura e rimedi naturali

    Attraverso l’inserimento di aghi in particolari punti del corpo, probabilmente avviene il rilascio di sostanze endorfiniche naturali che alleviano il dolore. Può rappresentare un trattamento addizionale nella terapia dell’OA ma non è ancora stato dimostrato l’utilità effettiva.

  • Utilizzo di Integratori Alimentari

    Differenti studi hanno dimostrato che alcuni nutrienti come glucosamina e condroitina solfato, componenti della normale cartilagine, determinano un miglioramento della sintomatologia nei pazienti affetti da OA grazie alla loro attività di condroprotezione.

Trattamento chirurgico


  • Artroscopia

    Consente al chirurgo di esaminare attraverso strumenti chirurgici adeguati inseriti nell’articolazione, le strutture proprie dell’articolazione stessa senza doverla aprire né recidere muscoli o legamenti. Consente quindi di stabilire il danno strutturale ed eventualmente rimuovere anche i frammenti di tessuto danneggiato che potrebbero portare al blocco dell’articolazione e causare dolore.

  • Osteotomia

    Questa tecnica chirurgica consente di modificare l’angolo della tibia e del femore nell’articolazione del ginocchio per ridurre il carico e di conseguenza il dolore. Si esegue solitamente nei soggetti giovani con OA allo stadio iniziale e consente di posticipare la chirurgia protesica sostitutiva.

  • Artrodesi

    Consente di bloccare l’articolazione in una posizione, eliminando il dolore associato al movimento ma escludendo anche la funzionalità dell’articolazione. Poco utilizzato dopo lo sviluppo della chirurgia sostitutiva.

  • Protesi o Artoplastica

    Consente di sostituire l’articolazione danneggiata con una artificiale. Talvolta è l’unico metodo per ripristinare la funzionalità nei casi di OA avanzata, e spesso è un intervento che dura tutta la vita.

  • Interventi di bioingegneria (Trapianto di condrociti/Cellule staminali)

    Consiste nella rimozione di cellule da una parte del corpo sana ed il riposizionamento nell’area danneggiata per incrementarne la funzionalità. È usata attualmente per i piccoli traumi o per i difetti alla cartilagine.

Strategie preventive

Alcuni semplici accorgimenti possono risultare importanti per limitare l’evoluzione del danno articolare e per ridurre la sintomatologia in corso di osteoartrosi. Queste misure devono essere valutate per singolo caso in relazione alle condizioni generali del paziente, alla localizzazione e alla gravità della patologia. Questi trattamenti indicati nei casi più moderati di OA, non hanno controindicazioni e possono ridurre il dolore e migliorare il trofismo muscolare, ma comunque non hanno un’efficacia dimostrata sull’evoluzione della patologia.

  • Educazione del paziente attraverso la riduzione e il controllo del peso corporeo. Rappresenta un fattore predisponente ed aggravante di molte forme di artrosi, a causa del sovraccarico funzionale che impone alle articolazioni portanti. Una graduale riduzione del peso corporeo, in rapporto all’età, alle condizioni generali del soggetto e alle eventuali patologie associate, costituisce un dato indispensabile per non vanificare gli effetti di altre terapie.
  • Curare eventuali disturbi vascolari dal momento che un’insufficienza del circolo venoso refluo degli arti inferiori si associa frequentemente ad artrosi del piede e delle ginocchia.
  • Fisioterapia ed esercizio fisico adeguato per rafforzare l’articolazione e mantenerla mobile e per evitare di adottare posture non idonee, atteggiamenti e movimenti sbagliati che possono contribuire all’insorgenza nel tempo di degenerazioni articolari e del processo di osteoartrosi.
  • Protezione dell’articolazione mediante la riduzione del carico dell’articolazione, calzature adeguate, stampelle e protezioni.
  • Riposo regolare per evitare il sovraffaticamento.