L’apparato urinario è l’insieme di strutture finalizzate alla secrezione e all’escrezione dei prodotti di rifiuto del metabolismo, negli organismi animali. In particolare esso produce l’urina per consentire l’eliminazione dei rifiuti azotati; per questo gli animali che producono urina vengono detti ureotelici, a differenza di altre specie animali che vengono detti ammoniotelicise producono ammoniaca o uricotelici se producono acido urico.
L’urea, derivante dall’ammoniaca, viene disciolta con l’acqua nei reni e trasformata in urina per poter essere eliminata senza creare pericoli per l’organismo. Nell’uomo, l’apparato urinario è costituito da: reni, canali escretori (calici, bacinetto, uretere), vescica, uretra e muscoli sfinteri.
L’apparato urinario svolge soprattutto la funzione di depurazione del sangue e di eliminazione delle scorie in esso contenute. Questa depurazione avviene nei reni, organo principale dell’apparato escretore, costituito da una zona midollare, comprendente le piramidi renali, e da una zona corticale.
L’unità funzionale del rene è il nefrone (ciascun rene ne contiene circa un milione) costituito dal corpuscolo di Malpighi a sua volta composto dal glomerulo, che si trova nella parte corticale del rene, dalla capsula di Bowman e dal tubulo renale, un condotto (da 4,5 a 6,5 cm) posto in parallelo con gli altri adiacenti nel quale si distinguono 4 porzioni, ciascuna delle quali ha una sua funzione nella formazione dell’urina:
A livello del glomerulo si ha una filtrazione pressocchè indiscriminata del plasma: il sangue, tramite l’arteriola afferente, arriva nel glomerulo dove, a causa della pressione determinata dalla presenza di un’arteriola efferente di diametro molto minore e dalla presenza di fenestrature di questo vaso che contribuiscono alla variazione della pressione, attraversa un filtro formato dai podociti. AI termine di questo processo si ottiene l’ultrafiltrato glomerulare (nei reni passano circa 79 litri/h di sangue, si producono 160-180 litri/die di filtrato), che deve però essere ulteriormente filtrato prima di diventare urina (1,5 litri/die). Passa così nel tubulo renale ed in questo percorso, dall’ultrafiltrato vengono riassorbiti selettivamente acqua e ioni sodio e secreti altri materiali, fino ad ottenere l’urina. L’urina viene formata continuamente nei reni e condotta attraverso gli ureteri fino alla vescica, che può contenere fino a 400-600 ml di urina. I muscoli circolari denominati sfinteri hanno il compito di impedire la fuoriuscita involontaria di urina. Generalmente piccoli quantitativi di urina passano dagli ureteri alla vescica ogni 10-15 sec. Quando questa raggiunge mediamente circa 150-250 ml, attraverso la segnalazione di terminazioni nervose si ha la contrazione del muscolo detrusore, che permette il rilascio degli sfinteri e l’eliminazione dell’urina attraverso l’uretra. A livello della connessione tra vescica ed ureteri c’è un meccanismo a valvola “antireflusso” che impedisce all’urina di refluire dalla vescica verso i reni e rappresenta una difesa contro le infezioni batteriche.
L’apparato urinario maschile e femminile è frequentemente soggetto a numerose patologie. Tra queste le più comuni sono:
Le infezioni delle vie urinarie (UTI) sono delle patologie molto comuni, si stima che ogni anno in Italia colpiscano circa 2-3 milioni di persone. Sono rare negli adolescenti e nei maschi in giovane età, ma sono più comuni nelle donne e nei bambini al disotto dei 2 anni. Solitamente originano quando i microrganismi patogeni, penetrano attraversano l’uretra, proliferano e si moltiplicano all’interno dell’apparato urinario e causano un’infiammazione acuta o cronica che può interessare la vescia e i relativi annessi. Ne esistono un’ampia varietà in base all’eziologia ed al tipo di danno arrecato. Le UTI si sviluppano più comunemente nella basse vie (uretra e vescica) ma, se non trattate possono diffondersi all’apparato urinario superiore (ureteri e reni). L’infezione della vescica o cistite rappresenta certamente il tipo di UTI più comune. Quella dell’uretra prende il nome di uretrite. L’infezione del rene o pielonefrite è una patologia che richiede il trattamento urgente dato che può condurre alla perdita della funzionalità renale e, nei casi più gravi, anche alla morte dell’individuo se non trattata tempestivamente.
Patogeni responsabili delle UTII patogeni responsabili di queste infezioni, facilmente rintracciabili tramite un semplice esame colturale delle urine, sono generalmente della specie Gram- ed in particolare l’Escherichia Coli è il patogeno responsabile dell’80% di tutte le UTI negli adulti. È un batterio normalmente presente nel colon e, provenendo dalla cute dei genitali e dell’ano, può penetrare attraverso l’uretra. In minore percentuale poi ci sono altri Enterobacteriaceae come il Proteus, Klebisella, Pseudomonas. Anche alcuni batteri Gram+ possono causare, in minore entità, infezioni urinarie e fra questi i più frequenti sono lo Staphylococcus saprophiticus (nel 5-15% dei casi) e lo Staphylococcus aureus.
Inoltre non possono essere esclusi i microrganismi solitamente normali componenti della flora batterica intestinale, genitale e/o perineale o quelli solitamente responsabili di infezioni trasmesse sessualmente, come Neisseria gonorrhoeae e Chlamydia trachomatis, Mycoplasma hominis o responsabili di infezioni fungine comeCandida albicans. In questi casi, l’accertamento dell’agente patogeno viene in genere effettuato mediante prelievo di uno striscio delle secrezioni delle vie urogenitali e indagine microscopica.
Nell’ambito delle UTI la cistite è la più frequente infezione delle basse vie urinarie ed è un’infiammazione della vescica uninaria, generalmente provocata da un’infezione batterica o più raramente dovuta a traumi, allergie o a situazioni di diminuita resistenza immunitaria (es. in seguito a radioterapia). Nella maggior parte dei casi, la cistite è riconducibile ad infezioni batteriche sostenute da Escherichia coliProteus, Klebisella, Pseudomonas, Staphylococcus saprophiticus e Staphylococcus aureus che vanno a colonizzare la vescica.
La cistite colpisce con maggiore frequenza le donne poiché la loro uretra è più corta (circa 5 cm) di quella degli uomini (16 cm circa) e quindi è più elevato per le donne il rischio di una contaminazione da parte dei batteri fecali che possono più facilmente risalire l’uretra fino alla vescica. Si calcola che circa il 25% delle donne adulte soffre di cistite almeno una volta l’anno e che una donna su due nel corso della vita soffre di almeno un episodio acuto di cistite. In particolare, l’incidenza aumenta con l’età: è molto bassa fino ai 20 anni, e dipende dall’elevata frequenza dell’attività sessuale e con le gravidanze aumenta fino a dopo la menopausa. La probabilità di cistiti ricorrenti cresce con l’aumentare del numero dei casi precedenti, mentre diminuisce tanto più lungo è stato l’intervallo tra una cistite e l’altra. Tali infezioni sono comunque frequenti anche nell’uomo di oltre 50 anni favorite dell’ipertrofia prostatica.
Quando l’infezione raggiunge le alte vie urinarie allora si possono avere ulteriori sintomi quali brividi, febbre alta, nausea, dolore sottocostale e vomito.
Le cistiti vengono classificate in base alle caratteristiche cliniche e alla presenza o meno di patologie di base, in cistiti complicate e non complicate. Queste ultime sono quelle di maggiore interesse e si possono presentare in forma acuta o in forma cronica.
La forma acuta insorge di solito all’improvviso ed è caratterizzata da tenesmo vescicale da bruciore soprattutto al termine della minzione, da piuria, da ematuria, da un senso di peso nella zona bassa dell’addome, talvolta da una febbre modesta che può diventare alta con brividi in caso di ritenzione vescicale purulenta. In genere la cistite acuta e non complicata non causa febbre, ma se la temperatura sale notevolmente è possibile che l’infezione si sia propagata alle alte vie urinarie. La cistite acuta si può inoltre presentare come:
È quella infiammazione acuta, occasionale e transitoria, di origine infettiva della vescica che costituisce la forma più comune con un decorso benigno e colpisce maggiormente la popolazione sana femminile a tal punto che si è stimato almeno un episodio, di tale infezione, in tutte le donne entro i 40 anni di età. Il range d’età sembrerebbe correlato con il periodo d’inizio dell’attività sessuale. L’incidenza della cistite nell’uomo è 100 volte inferiore a quella della donna. Ciò è dovuto alla particolare anatomia dell’uomo nel quale il meato urinario è situato in un distinto piano anatomico e grazie alla lunghezza dell’uretra.
È quella infiammazione acuta di origine infettiva della vescica che coinvolge i capillari della sottomucosa. Viene considerata una forma di cistite semplice con lesioni caratteristiche proprie (più avanzate e profonde della forma semplice). Ha un range di età più ampio che va dai 15 agli 80 anni, costituisce il 10% delle infezioni urinarie totali. Questa forma può essere causata anche dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti e dall’impiego di alcuni farmaci citotossici. A differenza della prima forma, in questa vi è la comparsa di ematuria.
La forma ricorrente o cronica è generalmente determinata dall’evoluzione della forma acuta con gli stessi aspetti clinici caratteristici della cistite semplice ma meno intensi e più prolungati, con l’unica differenza della periodicità, per cui tendono a ripetersi. Si è potuto stabilire che tre episodi nell’arco di un anno possono essere la manifestazione della cistite ricorrente. Queste possono ripresentarsi sottoforma di reinfezioni, se si manifestano solitamente settimane o mesi dopo la terapia, o come recidive, se si manifestano pochi giorni dopo la sospensione della terapia.
La vescica ha una notevole resistenza alle infezioni ed in condizioni normali l’urina che contiene è sterile. Esistono tuttavia particolari condizioni che rendonono l’organismo più suscettibile all’attacco batterico. Questi microrganismi possono raggiungere la vescica per via ascendente (risalita lungo l’uretra dopo emissione con le feci), discendente (discesa dal rene) o ematica. La cistite può quindi manifestarsi per la presenza di numerose condizioni predisponenti:
La diagnosi di cistite e di infezione delle vie urinarie si basa sull’esame delle urine, sull’urinocoltura e conseguentemente sulla conta batterica, analisi che prevede la detersione della cute attorno allo sbocco dell’ uretra (glande nei maschio e vagina nella femmina) e la raccolta del flusso intermedio delle urine del paziente. In questo modo si evita la contaminazione del campione da parte dei batteri normalmente presenti a livello cutaneo.
L’analisi delle urine può rilevare la presenza di globuli bianchi nelle urine (leucocituria) che, se in numero elevato, sono indicativi di un’infezione in atto. È possibile l’esecuzione di un antibiogramma al fine di determinare il tipo di batterio responsabile dell’infezione ed impostare di conseguenza una terapia antibiotico mirata.
Se la cistite non regredisce rapidamente, se si sono avuti attacchi piuttosto frequenti o tende a divenire cronica è opportuno esaminare l’intero tratto urinario con una cistoscopia o con altri esami specialistici che consentono di evidenziare eventuali altre malattie e quindi di intervenire con terapie specifiche.
>Un esame specifico può essere utile soprattutto nei bambini che possono avere un reflusso vescica-uretrale, cioè un’alterazione, talvolta congenita, dal meccanismo di chiusura tra la vescica e l’uretra, condizione questa che predispone facilmente ad un’infezione.
La maggior parte delle infezioni delle vie urinarie vengono trattate con farmaci antibiotici orali, anche se in alcuni casi vengono utilizzati anche vaccini, oltre a functional foods e probiotici per ristabilire una normale flora batterica vaginale e fornire così una barriera naturale ai batteri patogeni. Tra gli antibiotici, i farmaci più utilizzati sono elencati di seguito anche se il tipo di farmaco impiegato e la durata del trattamento dipendono dal tipo di batterio responsabile dell’infezione identificata dall’urinocoltura:
Nella maggior parte dei casi si nota un miglioramento della sintomatologia entro due giorni. L’utilizzo della terapia antibiotica deve però essere considerata solo in caso di effettiva necessità, visto che la maggior parte dei patogeni tendono facilmente ad instaurare delle resistenze verso queste molecole, rendendo il trattamento vano e determinando l’instaurarsi di recidive. Queste infezioni urinarie recidivanti possono essere trattate con cicli di antibiotici a lunga durata e a basso dosaggio. L’esecuzione di una urinocoltura alla fine del trattamento garantisce l’eliminazione dell’infezione. In caso di IVU causate da clamidie o micoplasmi il trattamento richiede una maggiore durata e vengono impiegati altri tipi di antibiotici come le tetracicline o la doxaciclina. In caso di fattori predisponesti come la calcolosi o la IPB è possibile il ricorso alla terapia chirurgica.
Oltre alla classica terapia antibiotica esistono delle semplici accortezze comportamentali che possono ridurre sia l’insorgenza di tali infezioni che l’attenuazione dei caratteristici segni clinici. Ciò che spesso viene sottovalutato, ma di provata efficacia, è la normale igiene sanitaria. Tali norme da sole, sono responsabili della scomparsa delle infezioni e sono anche in grado di ridurre il numero degli episodi infettivi. Tra queste ricordiamo di:
Nei pazienti affetti da cistite oltre a seguire le norme precedentemente elencate è importante attuare anche una modifica dell’alimentazione, visto che è stato osservato che alcuni fattori alimentari influenzano la suscettibilità allo sviluppo di tali infezioni.
Per ridurre il rischio di sviluppo di infezioni del tratto urinario è importante quindi:
La correlazione tra l’alimentazione e le infezioni urinarie è sicuramente correlabile a due fattori importanti che sono l’idratazione e l’acidificazione.
L’idratazione inoltre, garantisce anche un corretto funzionamento dell’organo imputato al riassorbimento cioè il colon. Un intestino regolare infatti difficilmente favorisce la proliferazione dei batteri fecali. Quindi è indicato in questi casi l’introduzione di adeguati apporti di cibi ricchi di fibre e nei casi più resistenti l’associazione di eventuali integratori di fibre che si comportano come i comuni lassativi, ma che a differenza di questi non impediscono l’assorbimento delle vitamine liposolubili.
Si è potuto notare che ciò che influenza la non-proliferazione dei batteri urinari è l’impiego di diete ad elevato residuo acido. Queste infatti abbassano il pH urinario riducendo conseguentemente l’attecchimento dei batteri alla pareti. Il nostro organismo provvede ad attuare tale difesa infatti attraverso leggeri stati catabolici, come il digiuno notturno, che acidificano le urine anche se talvolta può non essere sufficiente. Uno dei prodotti acidificanti è il succo di mirtillo la cui efficacia è stata dimostrata di recente, evidenziando che se assunto fornisce sicuramente un buon apporto di liquidi e vitamine. Uno studio recente ha dimostrato che l’assunzione giornaliera di 300 ml di succo di mirtillo riduce di circa il 50% l’insorgenza di recidive. In particolare pare che il componente del succo di mirtillo responsabile di ciò sia il quantitativo di vitamina C. Il razionale sull’impiego di diete ad elevato quantitativo di acidi trova anche il suo riscontro nelle infezioni determinate da calcolosi. Nell’ottica di un adeguato apporto di alimenti a residuo acido è opportuno tenere in mente anche gli alimenti che hanno l’effetto contrario cioè alcalinizzante. Questi ultimi infatti fanno da tampone cioè compensano l’acidità annullando gli effetti finora descritti. Quindi è opportuno aumentare gli alimenti a residuo acido e diminuire quelli a residuo alcalino.